Prendo spunto dall’intervento del noto fisico e scrittore Carlo Rovelli sul Corriere della Sera del 25/06/2020,

https://www.corriere.it/esteri/20_giugno_25/vera-america-qui-noi-italiani-piu-ricchi-d4cc4256-b64b-11ea-9dea-5ac3c9ec7c08.shtml

e dal rapporto che in esso è citato sul sito di Credit Suisse

In sintesi nell’articolo è ben spiegato che l’Italiano Medio, ovvero quello che ha esattamente tanti italiani più ricchi di lui quanti sono i più poveri, è molto più ricco del suo corrispondente americano.

Mediamente (anzi MEDIANAMENTE) un italiano infatti possiede un patrimonio valutabile in 142 mila dollari, circa una volta e mezza il suo corrispondente americano, pur essendo quest’ultimo, in media, più ricco.

Ciò è dovuto alla forte polarizzazione della ricchezza negli USA. Colà infatti vi sono pochi ricchissimi e molti poverissimi, mentre da noi la ricchezza è più equamente distribuita.

Se a questo aggiungiamo, spiega Rovelli, che il cittadino USA non gode dei servizi cui invece un cittadino italiano ha diritto (sanità pubblica, scuola e università pubbliche, ammortizzatori sociali cospicui e diffusi, ecc.) se ne deduce che, contrariamente a quanto magari si possa pensare, è stato meglio nascere sul suolo italico piuttosto che nelle verdi praterie del Missouri (come peraltro sognavo da bambino).

La lettura di questo articolo mi ha sollecitato però una serie di riflessioni sugli italiani e la ricchezza, su come si è formata e su come si trasformerà. In ordine sparso:

  • Dal rapporto citato e da ricerche simili, risulta che l’italiano è colui che, almeno in Europa detiene la ricchezza privata più ampia. Quindi l’italiano ha saputo, almeno fino a pochi anni fa, tesaurizzare i frutti del proprio lavoro meglio e più di altri.
  • Altrettanto notoriamente l’Italia è un paese fortemente indebitato. infatti il debito pubblico (ovvero quello dello Stato, di noi tutti come collettività nazionale) ha un rapporto con la pur notevole ricchezza che l’Italia produce ogni anno (il PIL) del 134% prima dell’emergenza COVID, ma ora si parla, in prospettiva, del 160%!!!. In termini numerici (spannometrici) produciamo 1.700 miliardi di euro l’anno e avremo un debito di circa 2.500 (quello attuale è aggiornato ogni 3 secondi qui: http://www.brunoleoni.it/il-debito-pubblico-sul-tuo-sito)
  • Allo stesso tempo però, come indicato anche recentemente dal Presidente della Consob Prof. Savona nella sua relazione annuale (http://www.consob.it/documents/46180/46181/dsc2020.pdf/20ceafb6-ddb1-45f0-9063-6a9c605a590b , pag. 19) la ricchezza PRIVATA degli italiani ammonta a 4.445 miliardi di Euro, sotto forma di attività finanziarie, non immobiliari (la parte immobiliare vale circa 6 mila miliardi). Quindi possiamo dire che l’Italia nel suo complesso è ampiamente solvibile, dato per assunto che si possa pensare che gli italiani siano eventualmente disponibili a ripagare il proprio debito pubblico coi risparmi privati…. COSAAAA???? Un momento… Sento odor di patrimoniale!

Niente paura, è assai improbabile (ad oggi!) che vengano presi provvedimenti così drastici e con modalità simili, ad esempio, a quelli adottati dal governo Amato nel 1992.

Resta il fatto che qualcuno questi soldi prima o poi dovrà ripagarli.

  • Alla luce di ciò, soprattutto nel caso in cui questo debito decidiamo di ripagarlo POI, dobbiamo essere ben consci del fatto che toccherà in misura sempre maggiore alle future generazioni il fardello di rientrare di questo enorme buco. Il vero problema è che, se non cambieranno gli altri fattori della formula della crescita economica (punterei ad esempio sull’aumento della PRODUTTIVITA’, ovvero sul fenomeno per il quale un operatore che ieri produceva 5 cose in un tempo dato, in futuro riesca a produrne 7), dal punto di vista demografico siamo messi, come è noto, maluccio.
  • Si dà infatti il caso che per ripagare POI il debito fatto ora, sia necessario che POI ci sia un numero sufficiente di donne e uomini in età attiva-lavorativa in grado di produrre una ricchezza tale da consentire in futuro allo Stato di provvedere a tutti i servizi che sono in gran parte indirizzati alla parte inattiva della popolazione (bambini e soprattutto anziani), e inoltre di avere dei soldi in avanzo per pagare gli interessi ed, eventualmente, ridurre l’enorme debito accumulato. Stiamo quindi chiedendo agli italiani del futuro di raggiungere un tenore di crescita economica per noi difficile perfino da immaginare.

Provando a tirare qualche somma da tutto ciò, possiamo dedurre alcune semplici indicazioni operative:

  1. Sarebbe saggio che la quota parte dei miei risparmi investita in titoli di debito italiani (BTP con annesse le denominazioni di marketing più varie: Italia, Futura, ecc..; Polizze vita investite in titoli pubblici) non superasse una quota che potremmo definire “patriottica” di un 5-10% del portafoglio. Tutti gli argomenti sopra elencati pongono una seria ipoteca sulla sostenibilità del debito italiano a medio termine.
  2. Sarebbe quantomeno incauto sperare che la pensione pubblica che otterrò quando smetterò di lavorare possa essere di entità tale da consentirmi di mantenere un tenore di vita accettabile. E’ di fondamentale importanza che parte delle risorse finanziarie di un lavoratore siano indirizzate verso la Previdenza Complementare, appunto perché probabilmente, in futuro, tanto “complementare” questa non sarà!
  3. In caso di presenza di immobili nel patrimonio familiare, o nel caso si stia pensando all’acquisto di un immobile per investimento, penserei bene alle eventuali conseguenze in termini di tassazione, presente e futura.
  4. Destinerei piuttosto il maggior numero di risorse possibile a piani di risparmio finalizzati (istruzione qualificata dei figli, qualità della vita, cure specialistiche, ecc.) e/o a polizze in grado di coprire il rischio di imprevisti (malattia o decesso del percettore di reddito, inoccupazione, ecc.) poiché è pensabile che in futuro lo Stato sarà sempre meno in grado di fare fronte, con sue risorse, a necessità dei propri cittadini la cui soddisfazione “pubblica” ora è data per scontata.

Italiani ricchezza 2

 

E’ quindi ipotizzabile, per tornare all’articolo di Rovelli, che il modello sociale statunitense, essenzialmente privatistico, per i motivi ora esaminati, si riproponga nei prossimi decenni anche da noi, in forza di tendenze già presenti oggi e difficili da correggere se non a costo di sacrifici che nessuno vuole fare o imporre alla collettività.

Iniziare da ora a pianificare e progettare le proprie finanze in previsione degli scenari sopra discussi è un vero e proprio atto di responsabilità, verso sé stessi e verso i propri cari.