Era già un po’ di tempo che non mi occupavo di demografia.

Ne parlai in un paio di articoli all’inizio di questo Blog, ormai quasi un anno fa.

E’ il caso di riprendere il filo di quelle tematiche per commentare tre notizie più o meno recenti, slegate tra loro, ma che dimostrano come gli andamenti demografici siano la risposta immediata ed inesorabile a scelte politiche superficiali e poco lungimiranti.

Il censimento in Cina

Nel novembre del 2020 la Cina ha condotto un censimento della popolazione.

I risultati, che dovevano essere pubblicati ad aprile 2021, ma al 15/5 non sono ancora usciti.

Voci di stampa (Financial Times) e dati provenienti dalle anagrafi di alcune regioni danno motivi per pensare che per la prima volta da molti anni la Cina abbia visto diminuire la propria popolazione. Sicuramente c’è stato un decremento delle nascite.

Forti riduzioni delle nascite, infatti, sono state registrate in molte province.

Il tasso di fertilità (il numero di figli che una donna in media ha nella vita), “programmato” dalle autorità cinesi dovrebbe essere di 1,8. Le stime di molti enti indipendenti convergono verso un tasso di 1,6/1,5. (The Economist 28/4/2021).

Questi dati confermerebbero una tendenza difficile da digerire per la leadership cinese.

La quote di popolazione in età da lavoro (15-59 anni) sta diminuendo rapidamente, mentre la quota di over 60 è salita dal 10,4% del 2000 al 17,9% del 2018.

Alcune stime parlano di 1/3 della popolazione cinese over 60 nel 2050.

Si intravede la concreta possibilità di introduzione di incentivi economici per le nascite e di un aumento dell’età pensionabile (attualmente 60 anni).

 

La vita media negli USA

“Se Atene piange, Sparta non ride” si diceva un tempo. Infatti…

L’aspettativa di vita negli Stati Uniti è scesa dai 78,9 anni del 2014 ai 78,7 anni del 2018.

C’è stato negli ultimi anni un aumento delle morti nelle età comprese tra i 25 e i 64 anni, in particolare per overdose da stupefacenti (+386% tra il 1999 e il 2017), per malattie legate al consumo di alcol e per suicidio.

Demografia

La situazione cambia radicalmente a seconda del ceto sociale, del grado di istruzione e del contesto sociale al quale si guarda. Chi ha un’istruzione universitaria e/o vive, ad esempio, in California o a New York ha una speranza di vita più alta di chi vive in Ohio o in Kentuky e ha appena raggiunto il diploma.

L’allungamento della vita media è da sempre un indicatore dello sviluppo di una nazione.

Il fatto che nel paese di gran lunga più ricco e sviluppato al mondo questo indicatore sia in regresso da molto da pensare.

Le cause (degrado, povertà culturale, droga, alcol) ci danno uno spaccato inequivocabile della crescente disuguaglianza sviluppatasi all’interno del paese “faro” del “capitalismo liberal-meritocratico” come lo definisce Branko Milanovic nel suo “Capitalismo contro Capitalismo” (Laterza 2020), contrapposto al “capitalismo politico” di marca ex comunista, in particolare, cinese.

Proprio in questo libro Milanovic si sofferma a lungo sulla crescente deriva elitaria nei metodi di selezione della classe dirigente e nella trasmissione della ricchezza nei paesi occidentali ed in particolare negli USA.

 

E l’Italia?

In Italia si sono celebrati (si fa per dire) il 14 maggio gli “Stati Generali della Natalità”.

I dati sulle nascite nel 2020 sono, come previsto, allarmanti. Siamo poco sopra i 404 mila nuovi nati. La tendenza per il 2021 è di un ulteriore calo, abbondantemente sotto i 400 mila.

Abbiamo già parlato molte volte delle conseguenze potenzialmente nefaste di questi dati.

Per i paesi con standard di vita europei-occidentali il numero di figli in grado di evitare il declino demografico sarebbe di 2 per donna.

Quello che per la Cina è un dato sconfortante (1,5 figli per donna), per noi sarebbe un obiettivo ambizioso.

Siamo infatti in Italia ad una media di poco più di 1,2 figli per ogni madre.

Altri paesi europei (non a caso oggetto di forti immigrazioni negli ultimi 50 anni) hanno da tempo messo in atto politiche in grado di sostenere la natalità (Francia, Regno Unito). Più recentemente la Germania e alcuni paesi dell’est Europa hanno invertito la tendenza negativa con politiche che sostengono le famiglie..

Da noi poco è stato fatto finora e le politiche messe in campo con le risorse del Recovery Fund rischiano di essere quantomeno tardive (Alessandro Rosina sul Sole24ore del 15/5/2021 pag. 3).

Per quanto concerne l’immigrazione, dovremmo trasformare un’emergenza in una risorsa. Non mi pare che siamo pronti per un salto culturale di questo tipo.

Demografia

Lezioni

Che lezioni si possono trarre da queste notizie, apparentemente scollegate e poco attinenti all’ambito economico?

  1. La Cina aveva iniziato negli anni ’80 la propria corsa verso il primato economico mondiale sulla spinta di una crescita demografica prorompente. Ora che larga parte della Cina si è emancipata a tappe forzate dalla povertà, sembra che le abitudini e le scelte procreative simili a quelle dei paesi occidentali avanzati contribuiranno a frenare questa corsa verso la supremazia mondiale.
  2. La gestione dell’immigrazione e le politiche demografiche sono la chiave per la sopravvivenza economica del mondo sviluppato.
  3. La democrazia è un meccanismo fragile. La sua distruzione (ricordiamoci i disordini a Capitol Hill del 6 gennaio 2021) si alimenta di arretratezza culturale e di rancore sociale.
  4. Lo Stato dovrà impiegare sempre più risorse per correggere le storture prodotte dalla sua assenza (in occidente) o dalla sua presenza stoltamente invadente (in Cina). Risorse per incentivare le nascite, per riparare le diseguaglianze, per curare la popolazione anziana. Aumenteranno il debito pubblico e le tasse per i ricchi.
  5. I politici ed in particolare chi gestisce le risorse economiche sono chiamati ad un salto di paradigma radicale: passare dalla gestione del consenso immediato alla programmazione lungimirante delle società del futuro.

Sarà meglio per tutti noi che i politici di oggi e di domani siano all’altezza del compito.