Pochi giorni fa mi è capitato di sentire da Enzo Bianchi, uomo saggio e ex Priore della comunità di Bose, una parola che non conoscevo: Parresia.
Si tratta del Diritto/Dovere di dire la verità, di non adottare infingimenti, atteggiamenti melliflui, ma di dire schiettamente le cose come le si conoscono.
Beh! L’argomento è impegnativo, in generale. Ma più in particolare è impegnativo nell’ambito del settore nel quale opero, la consulenza finanziaria ed i costi ad essa connessi.
Impegnativo, ma ineludibile!
Dalle varie indagini che periodicamente vengono pubblicate sull’atteggiamento degli italiani nei confronti del risparmio e dei servizi connessi, emerge chiaramente una scarsa comprensione dei servizi di investimento e di conseguenza dei costi che questi servizi comportano.
“...Quanto alla remunerazione del servizio di consulenza, il 18% circa ritiene che sia un servizio prestato a titolo gratuito mentre il 54% ritiene che non abbia un costo per il cliente. Inoltre solo il 32% degli individui intervistati è disposto a pagare per il servizio….” (Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane 2020)
Come ulteriore conseguenza emerge spesso una certa refrattarietà a pagare per un servizio che non si conosce e di conseguenza non si può apprezzare. Questo è comprensibile!
Sta a noi, professionisti del settore, con o senza mandato, assicuratori, dipendenti, ecc., far crescere la conoscenza del pubblico riguardo quelle che sono le VERE peculiarità delle nostre professioni.
Chi si occupa professionalmente di risparmio è infatti in grado, oggi, di svolgere un servizio prezioso per i risparmiatori, evitando loro “dolorosi” esperimenti nel mondo della finanza e fornendo assistenza e consigli preziosi su temi concretamente importanti per la vita delle persone e delle famiglie.
Le normative dei regolatori e le prassi operative interne di tutti gli intermediari del risparmio impongono che i professionisti che hanno a che fare con i clienti seguano dei protocolli operativi ben specifici e mantengano un livello minimo di conoscenze ed aggiornamento.
Per far fruttare questa massa, vi assicuro, ponderosa di conoscenze, è necessario che anche da parte del risparmiatore vi sia la disponibilità, almeno all’inizio di un rapporto con un intermediario o un consulente, ad impiegare un po’ di tempo e di risorse mentali nel richiedere un livello di servizio che vada ben oltre la proposta del prodotto.
“…La scelta del consulente è guidata prevalentemente dalla segnalazione ricevuta dalla propria banca di riferimento e dalle competenze del professionista, mentre il principale disincentivo alla domanda di consulenza è rappresentato dalla sfiducia, seguito dalla convinzione che il servizio non sia necessario alla luce del limitato ammontare delle somme investite e della mancata percezione del valore aggiunto del servizio stesso. Le principali aspettative degli investitori nei confronti del consulente si riferiscono alle sue competenze e all’assenza di conflitto di interessi …” (Rapporto Consob 2020, cit.)
Tutte le ricerche infatti indicano che, pur pagando ugualmente un costo, chi si avvale della consulenza di un operatore specializzato vive il rapporto col rischio finanziario in modo più sereno e si sente supportato anche nelle fasi più complesse: “… l’81% degli italiani che hanno un consulente finanziario di riferimento è molto o abbastanza soddisfatto per risultati raggiunti, fiducia, relazionalità, costi e supporto ricevuti nelle decisioni prese durante il lockdown,…” (Censis-Assogestioni: Il Valore della diversità nelle scelte d’investimento prima e dopo il Covid 19- Sintesi, pag. 11) .
Nonostante ciò, gran parte dei risparmiatori “usa” gli intermediari come semplici “venditori” di prodotti, pagando quindi per un servizio di cui non godono.
Molti risparmiatori non ritengono utile sprecare tempo nella ricerca di un interlocutore interessato ad approfondire la loro situazione personale e familiare prima di proporre un ventaglio di soluzioni sotto forma di prodotti.
Molti si accontentano di “subire” una vendita (più o meno efficace) di prodotti.
Spesso, inoltre, questi prodotti fanno riferimento tutti o in gran parte allo stesso produttore, che spesso, è di diretta emanazione della banca o della società con cui si entra in contatto.
E’ l’ora di comprendere che domande del tipo “che avete di buono?” oppure, “quanto date di rendimento?” sono deleterie per chi le fa e stimolano i peggiori “istinti” dei venditori più aggressivi, provocando sovente i disastri che poi tutti deprecano!
Il COSTO di un investimento “imposto” al risparmiatore inerte, di qualsiasi percentuale si tratti, è SEMPRE troppo alto.
I costi che gravano su un portafoglio in linea con il profilo del cliente, costruito a valle di un confronto franco, di un ragionamento condiviso e trasparente, di un processo di assistenza concordato e professionale, difficilmente saranno soldi persi per il risparmiatore.
Si tratta solo di pretendere dall’intermediario cui ci si rivolge un servizio all’altezza della sua professionalità, o altrimenti di cambiare intermediario se questo servizio non viene erogato.
Non ho la pretesa di vincere un concorso di simpatia per queste mie considerazioni, ma se non altro credo di aver assolto i miei obblighi nei confronti della Parresia.
Ora mi sento meglio!
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